Sarebbe stato più elegante sorvolare, me ne rendo conto, ma le dimensioni montanti dell’operazione mi spingono a esprimere il mio modestissimo parere.
Ho appena letto sull’inserto DomenicaIlsole24ore che Robert De Niro presenterà a l Maxxi di Roma il documentario su suo padre Bob De Niro Sr, pittore. Niente da obbiettare a tale proposito, anzi tutto il mio rispetto per il tributo rivolto da un figlio al padre – ma i media mi informano che all’evento seguirà una trasmissione radiofonica su Radio3 oggi pomeriggio e tra breve un programma su SkyArte. Sembra quasi che il mondo dell’arte , della critica e dei media abbia deciso di raccogliersi per celebrare una serie di quadri di livello piuttosto imbarazzante: ispirazione ordinaria, convenzionale e datata nei confronti di ricerche artistiche di peso innovativo, tecnica meno che modesta, colori sporchi, privi di vibrazioni tonali, composizioni traballanti se non addirittura, in alcuni casi, sballate, incapacità di elevare e raffinare il proprio livello nel corso degli anni. In una parola, indiscutibilmente cheap.
Tanta l’attenzione rivolta a una produzione così banalmente squallida da risultare, come dicevo, imbarazzante, soprattutto se inserita a pieno titolo in spazi museali come il Met e il MoMa, se inglobata nella collezione privata dell’ambasciatore americano in Italia, se discussa dal critico Achille Bonito Oliva – e nel corso di queste giornate chissà da quanti altri esperti.
C’è denaro in questa iniziativa – si, quanto basta. C’è il peso e l’influenza della fama – indubbiamente molta. Ma dovrebbe contare anche una coscienza e un’etica da parte dei professionisti coinvolti; la loro acquiescenza rischia di accostare i quadri di Bob De Niro Sr. alle opere della Transavanguardia e agli artisti americani a cavallo degli anni ’50, e farlo entrare in una galassia di talenti che finirà col sostenerlo per inerzia, invece di oscurarlo. Perché il mercato dell’arte non può sconfessare neanche un solo dei suoi componenti, pena la propria perdita di credibilità e valore ( denaro e reputazione ).
O sei dentro o sei fuori. E quando finalmente ci sei, i campi magnetici di altri ben più importanti pianeti, finiscono per attrarre il corpuscolo all’interno del sistema – così anche il piccolissimo e insignificante satellite inizierà a ruotare dentro un’orbita tutta sua.
I nostri bis-nipoti avranno così la possibilità di farsi confondere le idee ammirando quadri di Rothko, di Chia o Mirò – dal quale ha assorbito qualche influenza – magari incautamente affiancati a quelli di Bob De Niro Sr. – Ottimo risultato, non c’è che dire.
Ma tant’è. Il tempo riuscirà a mettere a posto le cose – è solo una speranza, non una certezza. Resta comunque un amaro sconcerto. Il merito immeritato pare sia un fenomeno che attraversa le epoche, al punto da ispirare a Emily Dickinson questo ben noto componimento:
( 713 )
Se meritassi, in me stessa, la fama,
sarebbe ogni altro applauso
superfluo, come incenso
senza necessità.
Se non la meritassi, anche se fosse
altissimo per gli altri il nome mio,
sarebbe un pregio spregevole,
un futile diadema.
Emily Dickinson, tutte le poesie, I meridiani, Mondadori